domenica 18 maggio 2014

UNA PANORAMICA SU PLACIDO ROMOLO (o ROMOLI) (1690? - post 1740) PITTORE MESSINESE.

di Sergio Alcamo.


Placido Romolo (o Romoli) è uno di quei numerosi pittori siciliani del XVIII secolo sui quali possediamo pochissime informazioni, e non solo perché si tratta probabilmente di una personalità “minore” ma perché in questo caso specifico i due terremoti che hanno colpito Messina – quello del 1783 e quello del 1908 – hanno distrutto gran parte delle testimonianze documentarie dirette e indirette non solo su questo pittore ma su molta parte della cultura figurativa e dei protagonisti di questa martoriata città siciliana[1].
Merita pertanto una qualche attenzione da parte mia che cerco con questo Blog di gettare luce su personalità artistiche poco conosciute.
Per ovvi motivi (abito a Torino!) non potendo effettuare indagini d’archivio mi limiterò in questa sede a compiere solamente una panoramica su quello che conosco di edito su questo pittore e sulle scarse ma interessanti notizie che è possibile trovare in Internet.
Mancando una monografia esaustiva su questo personaggio ho pensato di riportare tutte le testimonianze reperibili, che come spesso accade, sono frammentarie: capita infatti che uno stesso argomento venga trattato da diversi studiosi ma le notizie pubblicate quasi sempre sono ignote tra gli uni e gli altri.
Proverò quindi ad incrociare questi diversi contributi per vedere se è possibile ricreare un profilo biografico abbastanza verosimile di questo artista.  
L’approccio obbligato per chiunque voglia avere un riscontro immediato su un pittore del Settecento siciliano è l’indispensabile volume di Citti Siracusano del 1986[2].
La studiosa, che faceva notare la scarsità di notizie sull’artista, ne menzionava i natali messinesi, riportandone la presunta data di nascita e di morte (1690-1734), il soggiorno romano, la partecipazione nel 1713 al concorso Clementino dell’Accademia di S. Luca con il disegno a matita della Statua di Santa Martina e del suo altare della chiesa eponima di Roma e un intervento pittorico nella chiesa dei S.S. Sebastiano e Valentino, sempre nella capitale, senza fornire però alcun riscontro fotografico. Infine riportava la scarsa bibliografia[3].
Nel dizionario del Sarullo sugli artisti siciliani del 1993[4] sono riportate integralmente le informazioni della Siracusano sul “Romoli “con la precisazione che questi doveva essersi trasferito a Roma già agli inizi del secondo decennio del Settecento. Nel 1713 vinceva, infatti, il secondo premio al concorso Clementino dell’Accademia di S. Luca con il citato disegno a matita della statua di Santa Martina.
Viene anche riportata la testimonianza di Agostino Gallo[5] secondo la quale il “Romoli” nel 1739 avrebbe inciso due opere di Placido Campolo[6] messinese: il disegno con la Madonna della lettera e San Paolo, e il dipinto della cripta del Duomo di Messina con la Madonna della lettera.
La descrizione del Gallo sulla prima di queste incisioni recita: “…una Madonna della lettera fra una turba di angioletti, sotto San Paolo, e Messina, genuflessi[7]. Potrebbe trattarsi della stampa (fig. 1) che ho trovato in un sito on line [8].


Fig. 1 - Madonna della lettera,  San Paolo, e allegoria di Messina, stampa, XVIII sec.? (da http://www.madonnadellalettera.it/il-culto-a-messina.html)

A causa della qualità non alta della risoluzione dell’immagine non si riesce a vedere se c’è il nome dell’incisore o del’inventore.
Una stampa simile ma forse precedente si ritrova in un altro sito on line[9] (fig. 2).


Fig. 2 - anonimo, Madonna della lettera,  San Paolo, e allegoria di Messina, stampa, XVII sec.? (da http://www.reginamundi.info/icone/lettera.asp)

Uno dei contributi più recenti di mia conoscenza è quello del 2003 della studiosa palermitana Ilaria Guccione[10] che, oltre a pubblicare l’immagine del disegno con Il sepolcro di Santa Martina (fig. 3)[11] nella cui iscrizione il pittore è indicato come “Placido Romolo messinese”, aggiornava alcuni errori relativi ai dati riferiti fino ad allora all’artista.
In particolare distingueva due personalità artistiche distinte, quella del meno noto Placido Romolo, appunto, da quella del poco più conosciuto Placido Campolo, già citato, entrambi messinesi e in qualche modo confusi e sovrapposti dal sunnominato Gallo in relazione all’incisione già citata della Madonna della lettera datata da quest’ultimo al 1739. Poi faceva notare che proprio la datazione di questa incisione contrasta con la data di morte indicata al 1732. Infine riferiva che il Romolo risultava presente alla Congregazione de’ Virtuosi del Pantheon tra il 1722 e il 1724[12].


Fig. 3 -  Placido Romolo, Il sepolcro di Santa Martina, disegno, matita nera e gessetto su carta marrone, Roma, Accademia Nazionale di S. Luca (da Guccione 2003).

Con il contributo della Guccione si conclude la parte edita che a mia conoscenza riguarda il Romolo.
Riassumendo possiamo affermare che questo artista messinese si era dedicato alla pittura (in particolare ad affresco) e all’incisione.
Cercando di approfondire questi aspetti già qualche anno fa avevo fatto qualche ricerca on line, e nel sito Messinaweb.eu avevo trovato questo articolo di Aurora Smeriglio che riporto integralmente di seguito: Placido Romoli da Messina – Un’artista dimenticato e forse mai conosciuto, “Placido Romoli messinese (1690-1750) giunge a Roma da Messina, e svolge la sua attività presso la bottega dell’Architetto Carlo Fontana. Come compagni troverà Filippo Juvarra e Pietro Passalacqua anch’essi messinesi. Nel 1722 è ammesso alla Congregazione de’ Virtuosi del Pantheon, insieme all’architetto-incisore Filippo Vasconi ed accolto, indiscusso, alla corte del Papa Clemente Ottavo. Affresca la volta della Chiesa di San Sebastiano all’Olmo in Roma, ma si è appurato che nonostante quella Chiesa sia stata parzialmente abbattuta, i suoi affreschi siano stati salvati. Con altissima probabilità inseriti in un contenitore museale o all’interno di un antichissimo palazzo di Roma ancora esistente. Queste sono alcune delle tracce che ci riportano alla grandezza di questo artista. Molto altro è al vaglio e allo studio di questo grande personaggio che ci ha regalato un’importante eredità: un altro tassello della storia messinese che non deve assolutamente essere dispersa”[13]
Continuando le ricerche su Placido Romolo in Internet ho trovato quest’altra informazione interessante.
In un manoscritto della prima metà del XVIII (ca. 1730-1741), del fiorentino Francesco Maria Niccolò Gabburri (1675-1742) si parla di “Placido, del Casato, Romolo messinese, pittore a olio e più a pastelli; specialmente nei ritratti fa spiccare il suo gran talento alla corte del re Carlo di Napoli in età di anni 50, nel 1740, dove vive provvisionato. Per la sua bravura nei ritratti fu onorato della Croce del Sangue di Cristo dall'ambasciadore di Portogallo in Roma[14].
Non sappiamo dove il Gabburri, autore delle Vite dei pittori ha attinto queste informazioni e/o se ha conosciuto personalmente l’artista[15]. Se queste brevi note biografiche fossero vere ci confermerebbero innanzitutto il cognome Romolo e non Romoli, la data di nascita al 1690, e che era in vita almeno fino al 1740.
Tuttavia, visto che l’unico elemento biografico sicuro al momento è la partecipazione e la relativa vittoria nel 1713 al Concorso Clementino, stando al Gabburri a quella data il pittore avrebbe avuto solo 13 anni. Il che mi sembra poco probabile. È verosimile allora che il Romolo sia nato prima del 1690.
Per quanto riguarda il cognome viene aggiunto quel “del Casato” che non mi spiego cosa possa significare: un doppio cognome o più comprensibilmente “del casato dei Romoli” (e dunque Romoli doveva essere il cognome che indicava una famiglia di nobili origini?).
Visto che sulla data di morte per ora non abbiamo notizie certe, sulla scorta del Gaburri possiamo supporre che il pittore abbia concluso i suoi giorni a Napoli, seguendo così il destino di altri artisti isolani, come Giuseppe Porcello (1682-1734) suo conterraneo[16].
Possiamo almeno aggiungere un elemento nuovo ossia che il Romolo si dedicava anche ai ritratti e soprattutto era uno specialista nella tecnica del pastello[17]. Ma al momento, che io sappia, nessun’opera di questo genere è stata rintracciata.
Per quanto riguarda l’attribuzione degli affreschi della chiesa di S. Sebastiano in Roma, di cui invece il Gabburri non fa menzione, al momento la testimonianza bibliografica più antica sembra essere questo passo tratto dal volume edito dal Roisecco nel 1750: ...e tutte le Pitture nel soffitto sono di D. Placido Romoli Messinese[18].
Su cosa raffigurassero tali affreschi la risposta ci viene da un testo di Jeremiah Donovan del 1844 nel quale l’autore descrive proprio queste opere: “The first painting on the cieling, next the great altar, is S. Sebastian attended by S Irene; the second, SS Valentine and Sebastian in glory; and the third, the martyrdom of S. Valentine, all by Placido Romoli by Messina[19].
Dunque questi dipinti raffiguravano S. Sebastiano curato da S. Irene, Gloria di S. Sebastiano e S. Valentino, Martirio di S. Valentino.
Mentre mi sembra interessante quest’altra descrizione, tratta da una guida di Roma del 1869, che specifica meglio il contesto in cui erano inseriti i citati affreschi: “Vicina resta la Chiesina di S. Sebastiano all'Olmo, così chiamata da un olmo che qui verdeggiava, il quale nel 1682 fu tagliato ad istanza dei vicini abitanti. Questa chiesina fin'ora ha facciata su la piazza Paganica, così denominata dal palazzo già dei duchi Paganica, ed ora Mattei a suo luogo indicato. Presto però verrà demolita per la metà per ingrandire il palazzo Guglielmi, e così la facciata verrà voltata dal lato opposto. Il quadro di s. Sebastiano sull'altar maggiore si colorì dal cav. d' Arpino. Il s. Valentino che rimarrà nell'altare a sinistra è di un suo scolare. Le pitture che si leveranno dal soffitto sono di Placido Romoli. Il palazzo Moroni, ora Guglielmi, contiene molte lapidi ed altre cose antiche[20].
Quindi fino al 1869 circa le pitture erano ancora al loro posto. Forse furono tolte attorno al 1870/80. Infatti nella seconda edizione del volume di Mariano Armellini del 1891 (la prima edizione forse è del 1887) si dice cheFu demolita questa chiesa sotto gli occhi nostri, per la fabbrica del palazzo Guglielmi piazza Paganica[21].
Dubbia rimaneva finora la collocazione originaria della chiesa. Grazie alla pianta di Roma di Giovanni Battista Nolli (1692-1756), la Nuova Topografia di Roma, ultimata nel 1748 con le incisioni dello stesso Nolli e la collaborazione di Giovan Battista Piranesi e del siciliano Giuseppe Vasi da Corleone (1710-1782)[22], possiamo ora facilmente individuare l’edificio, indicato nelle didascalie col titolo di S. Sebastiano de’ Mercanti, posto nella Piazza Paganica, nel rione 11, S. Angelo, e contrassegnato nella pianta dal numero 1009 (figg. 4-5).


Fig. 4 - Giovanni Battista Nolli (1692-1756), Nuova Topografia di Roma, 1748, incisione (part.). (Si vede il rione con la chiesa del Gesù in alto a sinistra).



Fig. 5 - Giovanni Battista Nolli (1692-1756), Nuova Topografia di Roma, 1748, incisione (part.). (la chiesa di S. Sebastiano è al centro esatto dell’immagine, l’edificio isolato all’interno della piccola piazza).


In un sito on line sulle chiese di Roma[23] viene ricostruita la storia di questo edificio sacro. Apprendiamo, per esempio, che è stato ristrutturato nel primo ‘700 dall’architetto Francesco Felice Pozzoli. Ne viene descritta la struttura: non c'era una facciata vera e propria, in quanto la chiesa era inserita in un più grande edificio che occupava un intero blocco. Invece c'era una porta che conduceva in un breve corridoio che immetteva nella chiesa che aveva un orientamento est-ovest. Questa era costituita da un semplice rettangolo di quattro campate separate da pilastri di sostegno della volta del soffitto.
Nel sito, dove viene evidenziata la confusione generata dalla vecchie guide tra i palazzi che l’avrebbero inglobata, si dice che fu demolita nel 1870 e che è difficile oggi individuare esattamente il luogo originario nel contesto urbano odierno a causa delle trasformazioni della città. In ogni caso, grazie alle riprese satellitari di GOOGLE Maps è facile sovrapporre alla pianta del Nolli quella della Roma odierna e possiamo così capire esattamente dove si trovava originariamente ossia inglobata nell’edificio oggi confinante ad est con tra via Paganica,  a sud con vicolo Paganica e a nord la piccola piazza.
Se possiamo ipotizzare la rimozione di questi affreschi attorno agli anni ’70 o ’80 del XIX secolo non conosciamo a quando risale la decorazione pittorica della volta dell’edificio. Spero che la risposta possa giungere da qualche altro testo/guida di Roma al momento a me ignota.
Sarebbe importante riuscire ad avere un riferimento cronologico per queste opere per capire in quale momento dell’attività del pittore vanno ad inserirsi.
In ogni caso la conoscenza dell’iconografia di queste opere potrebbe facilitare in futuro l’individuazione di eventuali disegni o bozzetti che abbiano il medesimo soggetto.
Per quanto riguarda l’attività di incisore del Romolo ho trovato la testimonianza di un suo intervento nella decorazione del Rerum Italicarum scriptores…, un’opera in 28 volumi edita tra il 1723 e il 1751[24]: per il secondo tomo Placido Romoli disegnò cinque vignette, cioè l'ordinazione di san Pietro a sant' Apollinare (pag. 23), la donazione di Tertullo a san Benedetto (pag. 351), il giuramento di Guido e Berengario per la ripartizione di Francia e Italia alla morte di Carlo il Calvo (pag. 387), la coronazione di Berengario fatta da san Leone (pag. 425), il re Desiderio condotto in catene innanzi a Carlo Magno (pag. 495), e le lettere iniziali G, T, N, V, C. Il Vasconi incise i fregi e le lettere, meno la vignetta del re Desiderio e la lettera C (nella quale è rappresentata la Francia, co' suoi distintivi del tempo del re Carlo Magno, in atto di rompere una lancia, ch'era l'insegna dei re Longobardi), i cui rami furono intagliati dal Sintes.[25] (figg. 6-7-8-9-10).


Fig. 6 – F. Vasconi, da Placido Romoli, L'ordinazione di san Pietro a sant' Apollinare, incisione.


Fig.7  – F. Vasconi, da Placido Romoli, La donazione di Tertullo a san Benedetto, incisione.


Fig. 8 – F. Vasconi, da Placido Romoli, Il giuramento di Guido e Berengario per la ripartizione di Francia e Italia alla morte di Carlo il Calvo, incisione.


Fig. 9  – F. Vasconi, da Placido Romoli, La coronazione di Berengario fatta da san Leone, incisione.


Fig. 10 – G. B. Sintes, da Placido Romoli, Il re Desiderio condotto in catene innanzi a Carlo Magno, incisione.

A questo proposito si confronti quello che è scritto negli Atti del Convegno internazionale di Studi Muratoriani, edito nel 1975: “Placido Romoli (Messina attivo 1690-1734) pittore. Sono suoi: testata con “S. Ambrogio che celebra la messa” incisore G. B. Sintes [G. B. Sintes sculpsit Romae] (T. I, P. II, p. 203). Testata “S. Pietro e il B. Agnello” incisa da F. Vasconi in Agnelli, Liber Pontificalis (T. II, p. 23). Testata “Regina seduta, dignitari, monaco cassinese, a d. grande corte d’onore” di sapore piranesiano, incisa da F. Vasconi in Anastasius senior, Epitome Chronicorum cassinensium (ibidem, p. 351). Testata: 'Patto di Berengario' incisa da F. Vasconi in Carmen panegyricum de laudibus Berengarii (ibidem p. 387). Testata “Sovrano che si genuflette al papa nell’interno di chiesa dove è visibile la tomba di S. Pietro” incisa da F. Vasconi[26].



Fig. 11 - G. B. Sintes, da Placido Romoli, S. Ambrogio che celebra la messa, incisione.  

Dunque il Romolo svolse un’intensa attività di disegnatore per questa impresa editoriale di largo respiro verso gli anni ’20 del Settecento.
Le vignette di cui ho riportato le immagini tradiscono l’adesione a modelli accademici del classicismo marattesco e conchiano. E' importante sottolineare che in tutte queste incisioni si firma sempre "Placido Romoli".
Forse qualche altra notizia ancora sull’artista messinese potrebbe venire dall’epistolario di Innocenzo Ansaldi (1734-1816), pittore, storico dell’arte e poeta del XVIII secolo, pubblicato nel 2008[27].
Ricapitolando, Placido Romolo nasce probabilmente prima del 1690 a Messina, si trasferisce a Roma forse all’inizio del secondo decennio del Settecento e nel 1712 vince il Concorso Clementino. Svolge la sua attività presso la bottega dell’Architetto Carlo Fontana. Come compagni troverà Filippo Juvarra e Pietro Passalacqua anch’essi messinesi. Nel 1722 è ammesso alla Congregazione de’ Virtuosi del Pantheon, insieme all’architetto-incisore Filippo Vasconi ed accolto, indiscusso, alla corte del Papa Clemente VIII. Verso il 1723 realizza una serie di disegni destinati ad essere tradotti in incisione per l’edizione del  Rerum Italicarum scriptores. Contemporaneamente o successivamente affresca la volta della chiesa di  S. Sebastiano, con storie dei SS. Sebastiano e Valentino. Infine si trasferisce a Napoli, “provvisionato” alla corte di re Carlo di Borbone (re di Napoli tra il 1734 e il 1759), specializzandosi nei ritratti e in opere con la tecnica dei pastelli. È vivente almeno fino al 1740.
Per ora è tutto. Spero che questa panoramica possa servire in futuro come base di partenza per una monografia sul misconosciuto Placido Romolo (o Romoli) artista messinese del Settecento e serva da stimolo agli studiosi per più serie ricerche documentarie e d'archivio.






[1] Per una panoramica sull’arte e sugli artisti messinesi prima del terremoto del 1908 si vedano i recenti contributi di E. Natoli, La forma “assente”: decorazione messinese del primo Settecento, pp. 81-86, in Per Citti Siracusano. Studi sulla pittura del Settecento in Sicilia, a cura di G. Barbera, Messina 2012; ibidem, F. Campagna Cicala, Considerazioni sulla decorazione pittorica a Messina nel Settecento, pp. 87-95.
[2] C. Siracusano, La pittura del settecento in Sicilia, Roma 1986, p. 213.
[3] F. Titi, Descrizione delle Pitture, Sculture ed Architetture esposte in pubblico in Roma, Roma 1763, p. 92; A. Gallo, Notizie di pittori e mosaicisti siciliani o esteri che operano in Sicilia, ms. 15H18-19, XIX sec., Palermo, Biblioteca Nazionale, f. 679; P. Zani, Enciclopedia metodica critica ragionata delle belle arti, Parma 1823, vol. I, p. 16; M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IX al XIX, 2 voll., Roma 1887; U. Thieme, F. Becker, 1934, vol. XXVIII, ad vocem;  E. Benezit, Dictionnaire critique et documentaire des peintres, sculpteurs, dessinateurs et graveurs, III ed., Parigi 1976, vol IX, p. 70, ad vocem.
[4] L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani. II. Pittura, a cura di A.M. Spadaro, Palermo 1993, p. 463, ad vocem.
[5] Gallo, Notizie di pittori…, ms., cit.. Cfr., Agostino Gallo. Notizie degli incisori siciliani, a cura di D. Malignaggi, Palermo 1994, p. 71.
[6]Su Placido Campolo si veda Michele Cordaro in http://www.treccani.it/enciclopedia/placido-campolo_(Dizionario-Biografico)/. (Curiosamente viene riportato che l’incisione tratta dal suo quadro sia stata realizzata dal “Rombi”);. Siracusano1986, cit., p. 239-240; Agostino Gallo…  1994, cit., p. 71; I. Guccione, I pittori siciliani del Settecento. L’apprendistato romano, le Accademie e lo studio del disegno. L’acquisizione di nuovi modelli, pp. 33-104 in Agatino Sozzi e lo studio del disegno, a cura di D. Malignaggi, Università degli Studi di Palermo, Dipartimento Studi Storici  e Artistici, Storia del Disegno, dell’Incisione e della Grafica, Palermo 2003, pp. 70-77, con bibliografia.
[7]  Agostino Gallo… 1994, cit., p. 71.
[8] Dal sito http://www.madonnadellalettera.it/il-culto-a-messina.html
[9] Dal sito http://www.reginamundi.info/icone/lettera.asp
[10] Guccione 2003, cit., pp. 70-76.
[11] Ibidem, p. 74, fig. 11. Cfr. M. Tonor, scheda 58, in I premiati dell’Accademia 1682-1754, catalogo della mostra a cura di A. Cipriani, Roma 1989, pp. 134-135.
[12] G. Bonaccorso, T. Manfredi, I Virtuosi al Pantheon. 1700-1758, Roma 1998, p. 144.
[13] Aurora Smeriglio in http://win.messinaweb.eu/page.php?id=4
[14] Francesco Maria Niccolò Gabburri (1675-1742), Vite di pittori, ms. della prima metà del XVIII (ca. 1730-1741), in Firenze, Bibl. nazionale, Palatini E.B.9.5, voll. 4, p. 2165, IV, C208r, ad vocem Placido del Casato.
[15] Si veda in proposito la voce del Dizionario biografico degli italiani Treccani, Volume 51 (1998), a cura di G. Perini, [anche on line  http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-maria-niccolo-gabburri_(Dizionario_Biografico)/].
[16] Su Giuseppe Porcello vedi Natoli 2012, cit., p. 86, nota 3.
[17] L’attività di pastellista viene confermata da Neil Jeffares, Dictionary of pastellists before 1800. Online edition, 1 giugno 2010. “Romoli, Placido. Messina 1690 – p. 1750, painter in Rome. According to Gabburri, he worked in oil and especially pastel, specialising in portraits; he demonstrated his great talent at the court of Carlo di Napolo in the 1740s. His “bravura nei ritratti” won him the Croce del sangue di Cristo from the Portuguese ambassador in Rome”.
[18] Roma antica e moderna: o sia Nuova descrizione di tutti gli edifici antichi e moderni, tanto sagri quanto profani della città di Roma...., presso Gregorio Roisecco, Roma 1750, vol. I, p. 307.
[19] J. Donovan, Rome ancient and modern, and its environs, Roma 1844, vol. 2, p. 300.
[20] A. Pellegrini, Itinerario o guida monumentale di Roma antica e moderna, Roma 1869, p. 478.
[21] M. Armellini, Le chiese di Roma dal IV al XIX secolo, Tipografia Vaticana 1891, http://penelope.uchicago.edu/Thayer/I/Gazetteer/Places/Europe/Italy/Lazio/Roma/Rome/churches/_Texts/Armellini/ARMCHI*/2/S.Angelo.html
[22] Su Giuseppe vasi vedi Agostino Gallo…1994, cit., pp. 90-98.

[23] http://romanchurches.wikia.com/wiki/Santi_Sebastiano_e_Valentino

[24] Rerum Italicarum scriptores ab anno aerae christianae quingentesimo ad millesimumquingentesimum, quorum potissima pars nunc primum in lucem prodit ex Ambrosianae, Estensis, aliarumque insignium bibliothecarum codicibus. Ludovicus Antonius Muratorius,... collegit, ordinavit, & praefationibus auxit, nonnullos ipse, alios vero Mediolanenses Palatini socii ad MStorum codicum fidem exactos, summoque labore, ac diligentia castigatos, variis lectionibus, & notis tam editis veterum eruditorum, quàm novissimis auxere. Additis ad plenius operis, & universae Italicae historiae ornamentum, novis tabulis geographicis , & variis Langobardorum regum, imperatorum, aliorumque principum diplomatibus, quae ab ipsis autographis describere licuit, vel nunc primùm vulgatis, vel emendatis, necnon antiquo characterum specimine, & figuris aeneis. Cum indice locupletissimo, Mediolani, ex Typographia Societatis Palatinae in Regia Curia, 1723-1751, voll. 28.
[25] Bullettino dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo e archivio muratoriano, Edizioni 57-58, 1941, p. 180 .
[26] L. A. Muratori storiografo. Atti del Convegno internazionale di Studi Muratoriani. Olschki 1975, pp. 144-145;148.
[27] Settecento di carta: l'epistolario di Innocenzo Ansaldi, di E. Pellegrini, I.  Ansaldi, ETS, 2008, pp. 338 e 644. Sull’Ansaldi si veda  http://www.treccani.it/enciclopedia/innocenzo-andrea-ansaldi_(Dizionario_Biografico)/.

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